In questa storia prudente useremo dei nomi di fantasia e l’inchiostro nero a riempire i tondi delle o e, con pazienza pian piano, lo spazio intero intorno alle parole, fino a farne una storia nera come le ombre immense della notte.

Faremo finta che questa sia una storia di fantasia e che sia plausibile ai più, o perlomeno a voi bambini, che i gatti possano parlare, ed avere nomi segreti, ed evocare spiriti, e praticare le arti dimenticate del kung fu quando dal rosso trasmuta al nero, e preparare intrugli usando alambicchi, e organizzarsi alla guerra in eserciti terribili, con generali vigliacchi, caporali mediocri, fanti coraggiosi.

Questa è una storia nella quale occorre far finta che ci sia un gatto enorme dalla coda mozza, e che il suo nome segreto e impronunciabile somigli al respiro di Kéter, la Corona, la più vicina a Dio.

Faremo finta che questa storia sia il sogno di quel gatto e che in questa storia esso faccia un sogno.

Di quando la mamma gli insegnò a tirare su la coda e a leccarsi il pelo, per le notti di gelo e il tepore amico dei tombini. Rizzare la coda per un gatto destinato alla guerra è la Prima Emanazione, da Kéter, la Corona, a Binah, la Conoscenza.

Il passaggio, avviene sempre di notte, dal colore blu opaco degli occhi dell’infanzia gatta, al topazio o al verde limpido propri di un giovane guerriero.

Contemporaneamente, dal soffio di Kéter, la Corona, il gatto sgattaiola fino alla Saggezza di Hokmah, per la Seconda Emanazione. Tutti i gatti shaolin conoscono il Primo Assioma del kung fu rosso: “non c’è saggezza senza conoscenza” (*), è durante questo secondo respiro che le vibrisse si distendono ad angolo acuto, guardiane della coscienza laterale, antenne degli inferi. Il gatto che abbia i baffi allineati alle linee segrete del cosmo può guardare negli occhi il demonio, e carpirne le trame.

Ora il gatto dalla coda mozza che sogna la coda perduta stira il corpo nervoso nella Terza Emanazione, da Binah, la Conoscenza, a Gevurah, la Forza. Nel sogno può adesso balzare agilmente da un tombino a un’automobile in corsa, regolando il baricentro a respiri e aggiustamenti di coda, e arruffare il pelo per una corsa velocissima dalla terra al cielo, certo non proprio fino al cielo blu, ma almeno fino alla cima di quella grossa quercia, che disegna il buio della notte di pizzi e merletti, e nasconde la luna.

Il gatto fa sogni di guerra, si muove di piccoli scatti nel sonno, ma Kéter, la Corona, continua a soffiare e sussurra che alla guerra si va anche armati di preghiera, da una parte e dall’altra, bambini.

La Corona parla alla Conoscenza che parla alla Saggezza, che bisbiglia alla Forza il respiro della Quarta Emanazione, fino ad Hesed, la Pietà.

Il gatto sta diventando soldato, distende gli artigli e impara il kung fu, le nove mosse mortali di base, terribili, velocissime, a cercare il rosso del sangue.

Ora il sogno del nostro gatto, bambini, si fa ancora più scuro, perché la saggezza shaolin riserva un piccolo vuoto nero al centro esatto dell’anima.

E’ lì che prenderà il suo posto la polvere blu della Quinta Emanazione, direttamente da Kéter, la Corona, a Tiféret, la Bellezza.

Il gatto può guardarsi allo specchio, combattere contro se stesso, ammirare le proprie paure, pavoneggiarsi di coda e balzi.

Non c’è sogno di guerra che possa arrestarsi a questo punto, bambini, e il gatto dalla coda perduta sogna e sogna ancora.

Voi lo sentite respirare mentre esso si sdoppia: ha imparato a usare la propria ombra. E mentre il suo pelo luminoso percorre la strada che da Hesed, la Pietà, porta a Netzah, la Vittoria, la sua parte oscura attraversa il muro di carta che separa Gevurah, la Forza, da Hod, la Gloria.

La Sesta e la Settima Emanazione.

Poi il gatto e la sua ombra si ricongiungono in un respiro e un sorriso, fino a Yesod, la Fondazione.

L’Ottava e la Nona Emanazione.

In sole nove mosse il nostro gatto, sognando, è diventato un guerriero, bambini. Ma credete che la storia del gatto dalla coda perduta possa finire qui? Perciò vi chiedo: quante sono le dita della mano? Quante dita ha un guerriero?

Il sogno non è finito, perché nel sogno del gatto che sogna, il decimo dito è il respiro che da Yesod, la Fondazione, porta a Malkut, il Regno, il punto più vicino al mondo degli uomini, il momento della guerra, bambini, quando il kung fu rosso del sangue si scolora nel nero della morte.

Il gatto ha imparato ad uccidere.

 

Per ora, comunque, il gatto dorme e sogna, forse di quella notte di pioggia in cui lo afferrarono per la coda, per staccarla con un colpo secco di coltello, un gioco a ridere e fuggire via nella notte.

Se lo svegliate a carezze, prudenti come questa storia nera, e se lo sapete ascoltare, forse, se ne ha voglia, lo sentirete mormorare almeno un pezzetto della sua filastrocca preferita:

 

Ed io, ed io ed io

Io che non sono una canzone

Io che sfodero le unghie e che mi inarco

Divento enorme nella notte e metto in atto

Una rivoluzione d’amore e nutrimento

Acciambellato sopra un albero

Allungo la mia ombra

E quando qui li vedo scatto

Manifesto divento una minaccia

Gatto mammone o matto

 

Questa storia è dedicata a maiko, e alla sua Stanotte proteggiamo i gatti, e all’orrore che vi è celato dentro, e alla sua indignazione che ne hanno fatto parole e Poesia. Ne ho rubato dei versifilastrocca per far parlare il mio gatto, che esiste, abita di sfuggita il mio giardino, ha la coda mozza, e mi ha raccontato la sua storia.

 

(*) aforisma di cui si è indegnamente impossessato Frank Zappa, ma da sempre di proprietà intellettuale dei gatti shaolin.

Keter