Ci sono due giorni, uno è il tredicigiugno, che è il giorno di Antonio, il santo.
Mia madre dice che a giugno, a casa ci sono dei gigli che fioriscono sempre in tempo per questo giorno.
Dice che si chiamano gigli di santantonio. Hanno un profumo dolce e così invadente che non si possono tenere in casa, lei li porta al cimitero, dove ora Antonio riposa.
Antonio è il nome di mio nonno, il padre di mia madre. Lo ricordo pochissimo, forse solo perché un giorno mi regalò un registratore, di quelli con le bobine a nastro, ma non era nuovo, lo aveva riparato con le mani, mentre lo guardavo. Da lui ho imparato che le cose rotte non si buttano, si aggiustano.
La storia di Antonio, però, non esiste senza la storia di Anna.
Il giorno di Anna, la santa è il ventiseiluglio.
Anna è il nome di mia nonna, la madre di mia madre. La ricordo pochissimo, forse solo per il sapore del caciocavallo che mi regalava a fettine quando andavamo a trovarla, a Cosenza. Il caciocavallo era salato, saporitissimo, da noi in paese non c’è mai stato saporito così.
Anna era di famiglia ricca, della ricchezza del possedere la terra, di quelle colline meravigliose che stanno sotto al cimitero, assolate, piene di ulivi e frutteti e vigne. Poi se ne scappò per amore, con mio nonno, Antonio, e fu diseredata. Ma diseredata sul serio, per sempre, come una figlia mai esistita.
Anna visse accanto ad Antonio una vita, di guerra e povertà, di sette figli, di quel marito minatore, e poi soldato, e poi contadino e tutto quel che serve per sopravvivere.
Mia madre mi racconta di Anna che aspettava il postino tutti i giorni sulla soglia. Aspettava la lettera di Antonio, sempre lontano. Antonio vinse alla lotteria la silicosi, imbucato sottoterra in miniera, e passò gli ultimi anni di vita in malattia.
Un giorno Antonio morì.
Qualcuno, ma è leggenda, pare che abbia sentito Anna mormorare sulla tomba di Antonio: se mi hai voluto bene in questa vita non far passare sette giorni e raccoglimi con te. Anna morì quattro giorni dopo.
Mia zia che aveva vissuto in casa con loro racconta che di notte, finché non morirono, li sentiva parlare. Parlavano a letto, al buio, parlavano fitto fitto, parlavano, sempre, ancora, dopo tutta una vita passata insieme.
Oggi era il giorno dei gigli che fioriscono in tempo, di Antonio, di Anna.
Del ricordo delle piccole vite che, per destino e giustizia, non possono essere raccontate senza accostarle a quelle, piccole uguali, che le hanno attraversate.