Zanna e Franz sono due archi tesi, muti contro il buio della notte. La tramontana ha spazzato il cielo e sta terminando l’opera seccandoli al gelo come due sputi di sangue. Aspettano, accoccolati. L’autostrada, sotto, è un animale caldo che si lamenta a intervalli asincroni, e il mugghiare delle auto è un ronron languoroso che si trasmette dai piedi ai tendini alle cosce al ventre e schizza a scintille su per la schiena, fino alla dura madre. Zanna spinge con la lingua il bottone rosa contro il palato, e aspetta. Fra qualche minuto il cielo si farà più terso, ad ogni respiro profondo, e i fanali d’auto meravigliosamente più lenti. Zanna aspetta di diventare il padrone del tempo, senza fretta. Franz ha posato una mano sulla sua bambina. Trenta chili di granito tagliente scelto con cura alla cava morta. Lui con le pietre ci parla, le bisbiglia fino all’anima. –Questa è una buona pietra, Zanna, dice che la morte è un processo rettilineo-, sorride Franz, – Cazzate, Frà, siamo noi la morte, la morte di notte, la morte delle bestie da passo. Ora, taci, serve ancora tempo.

L’uomo dietro ai vetri azzurri dell’auto divora la strada e i pensieri. Impaziente di casa, di Clara, della gatta Petunia, e stanco di lontananza e rimorsi. –Tornare a casa– come un pensiero buono, che non ha bisogno di musica – a casa, in fretta-.

Franz scherma lo Zippo con una mano e accende una sigaretta. Zanna comincia a contare. Respirano insieme, accordano i rumori, il vento, studiano la presa con le mani che sanno cosa cercare, accarezzano gli spigoli taglienti. Respirano, contano. Poi si levano in piedi, neri contro la notte.

L’uomo ha accarezzato per un attimo l’idea del sonno, e del mondo che scivola via intorno, l’idea di abbandonarsi alla notte. Ma. Alla periferia del campo visivo, contro le luci in movimento, contro il buio del cielo, quasi una linea di fuoco. Quasi come formarsi il pensiero –Toh?– E poi tutto avviene. Haragei. Il buio della notte e un puntino di luce, -una sigaretta?-, e quel pensiero basta per lo scarto, la frenata morbida di quando il tempo rallenta, e la morte che schianta mezzo metro più in là. L’auto rallenta, ferma.

L’uomo, d’istinto, telefona. La voce è calda di sonno: -Stai tornando, ragazzo?
L’uomo esita, poi: –Sto tornando, tu esprimi un desiderio.

 

 

Haragei, e un invito.
Nel corso della storica puntata di Storytellers dedicata a Bruce Springsteen, il ragazzo di cinquant’anni, prima di cantarla al pianoforte, spiega, più o meno con queste parole, l’ultima canzone della serata: "… ero giovane, e Born to run era il primo disco serio della mia carriera, il disco che mi avrebbe fatto conoscere al mondo, quindi tu compravi il disco, lo aprivi in due come un libro e ci trovavi la mia faccia sorridente. Il mio sorriso e la prima canzone, Thunder Road, erano…" e qui il ragazzo esita, con timidezza, e poi dice, "…an invitation, un invito, un invito al viaggio, ad andare via per sempre…", an invitation, un invito a fidarsi, quindi. Ma. Cos’è Thunder Road? che si fa per sapere cos’è? facile. si mette il disco sul giradischi e si ascolta. ci vogliono trentotto versi per arrivare a capire quel titolo, il senso di quella strada di tuono. prima bisogna ascoltare la storia che si sta svolgendo. è solo verso la metà della canzone che il ragazzo mi spiega: "questa notte cercheremo di raggiungere la terra promessa, Thunder Road", oh bene, è solo la strada che porta alla Terra Promessa. ho accettato l’invito, ragazzo, mi sono fidato, ora è tutto chiaro. ora puoi continuare a cantare, e io ad ascoltare.
Haragei è un invito, suona come le parole misteriose, -che faranno i miei piccoli lettori?- mi chiedo mentre scrivo. che fai lettore, ti fidi se ti racconto la storia di una parola?
Haragei è una parola che conosco da tantissimo tempo, e ho deciso di farne una storia, ha un bel suono, sibila come un fantasma nell’aria, come un sussurro, la puoi mormorare e ti rassicura, è una bellissima parola, facciamone una storia, ti fidi di me?
Zanna e Franz sono due assassini, in agguato nella notte, in alto, e la strada sotto. e io sono con loro, dietro di loro, osservo, ascolto. la tensione, il vento, il rombo delle auto che sale attraverso il suolo e i piedi e i muscoli tesi e i nervi. osservo gli assassini e la strada. le auto sono velocissime, impossibili da fermare con gli occhi e il pensiero, agli assassini serve un piccolo aiuto, e allora usiamo la chimica, alteriamo la percezione del tempo di Zanna con una piccola pastiglia rosa, il tempo interiore accelera e le auto, di conseguenza, rallentano. Zanna aspetta di diventare padrone del tempo. Franz ha scelto la pietra, fra tante altre, lui ha fiducia nelle linee rette, e ha scelto la sua bambina in mezzo ad altre cento, dopo averle parlato. la pietra ha promesso che andrà dritta sul bersaglio. Franz parla a Zanna della sua scelta, per vanità forse, con ingenuità, forse, e Zanna invece gli insegna che no, la volontà è tutto. la pietra è solo un mezzo. è uno scontro fra le leggi naturali e le leggi interiori, la percezione della realtà e della morale. tutto in soggettiva. c’è un bel problema ora, lettore. i due assassini sono immensamente bravi, mi serve un miracolo per salvare quell’uomo che sta tornando a casa, veloce, coi suoi pensieri stanchi. penso a Clara e alla gatta Petunia che dorme a ciambella. i due assassini sono un respiro solo, ora, respirano e contano per scegliere l’istante giusto, e io penso che mi serve un miracolo. per colmo di sventura l’uomo dietro ai vetri azzurri rischia quasi di addormentarsi, di abbandonarsi alla stanchezza della strada e della vita. Ma. ecco ho trovato. ecco cos’era quel ma col puntino finale. qualcosa tipo eureka. una stella cadente lontana nel cielo, una bella stella cadente luminosa, una striscia di fuoco. e allora tutto avviene, lettore, ti fidi di me? Haragei, la stella sussurra all’uomo: "attento alle pietre che cadono dal cielo", la stella cadente attiva per analogia l’haragei dell’uomo, il suo istinto di salvezza, la premonizione della morte. basta il puntino luminoso della sigaretta, una piccola disattenzione di Franz, e l’intuito della stella nera invisibile pronta al volo, basta una frenata a beffare la morte come processo rettilineo, ancora la legge interiore che vince sulla dinamica dei corpi, sulla volontà degli assassini. il sasso inutile si sfracella mezzo metro più in là della vita dell’uomo. grazie, luminosa stella cadente, pensa l’uomo, ora telefono a casa, ho un desiderio da regalare a Clara, in cambio della sua voce, in cambio della vita. sei arrivato fin qui, lettore? ti sei fidato? ti è piaciuta la storia di quella parola? non serviva altro, no?