Ti devo una storia.

Te la devo da quel mattino di ottobre. Tredici anni.

I miei debiti farebbero la felicità di un allibratore con la faccia da bambino sadico in un film di gangster, un tipo alla Chris Penn per intenderci.

Ma questa non è ancora la storia che ti devo. È che ho pudore, ci giro intorno di solito, aspetto, che poi quando scrivo sorrido o piango, di solito, ma sempre mi abbandono.

-Sei proprio una “puttana”-, me lo hai detto una volta, questo sì è Storia. Avevi messo le virgolette, anche tu con pudore. Ho pensato che avevi ragione su tutto tranne che su quelle fottute fastidiose virgolette. La Parola ha bisogno di purezza, ho pensato. Che stronzata, vero?

La Notte è un animale feroce. Ci vuole tecnica, astuzia. Fantasia. A volte vinco io. A volte. Stanotte ho buone carte. La rabbia. Me la tengo in bocca e aspetto il sonno, sono un buon giocatore, e la mia rabbia brucia idrogeno freddo che viene da lontano. Roba buona, da gigante azzurra, in alto a sinistra nella scala. Ma che ne sai tu.

Sono lì. Ai bordi del sonno. Lascio andare il filo e il pensiero che mi piacerebbe portarti sulla collina dove da piccolo lasciavo il filo e abbandonavo gli aquiloni al vento. Prove tecniche di libertà. Ho imparato, mi piacerebbe mostrarti.

Sono lì. Ma arriva un brivido. Cazzo. Niente di letterario, per carità, è solo la finestra aperta. Ma sono sveglio adesso. Ok. Allora tv e telecomando del cazzo.

A volte le cose succedono per caso. Questa la tagliamo ok? Su un canale privato danno un vecchio film che lì per lì stento, stento, stento a riconoscere. Bogey, la faccia più bella del mondo, cerco frugo nella memoria, aspetto, poi arriva lei, la Hepburn, no, non Audrey, la gatta di Tiffany, nono, l’altra, Katharine, col suo sorriso da spaccare il cuore, e poi la barca, cazzo, la Regina d’Africa, quella vecchia carretta, e poi l’Africa.

Ecco il sonno è andato ora. Charlie & Rosie.

Ho beccato il momento esatto in cui Rosie, -Rose- come lei stessa pronuncia il proprio nome con orgoglio al baffuto panzone ammiraglio tedesco, ma non è ancora il momento, l’istante eterno, dicevo, quando Rosie per la prima volta, e per sempre: -Charlie- pronuncia il di lui riverito nome.

E sorride.

Come solo lei avrebbe mai potuto. Sorride d’amore, ora e per sempre. -Charlie-, sorriso e occhi azzurro metallo e dentro agli occhi l’Africa, madreterra, perché, cristo, dietro alla cinepresa c’è John Huston, se il mondo ha un senso, mica quel pirla di.

Ma. C’è qualcosa che non va. E allora aspetto ancora.

La rabbia è andata, stemperata diluita sciolta svanita, chi se la ricorda più, tutto in quel sorriso.

Ma aspetto, perchè c’è qualcosa, ancora, che non torna.

E poi capisco. Capisco perchè ci ho messo tanto. Lo capisco quando vedo il vapore verde della ciminiera della Regina, verde fosforo, non è normale, no, è che la pellicola è vecchia, ne so a pacchi di questa cosa, cinetica del degrado la chiamano, ma il verde mi fa ripensare all’azzurro degli occhi di Rose, non lo ricordavo, e non è una questione di memoria, cazzo, ora ho capito finalmente.

Ascolta.

Quel film ce l’ho dentro da sempre.

Da quando lo vidi per la prima volta, avevo quattro o cinque anni. In tv. Ricordo le sanguisughe. Non le ho più dimenticate da allora. Dentro, a fuoco.

Ma.

Ascolta.

Quel film, Bogey, la sua faccia il suo sorriso triste, l’Africa, il fiume, le sanguisughe,

sono in bianco e nero.

La Regina d’Africa è un film in bianco e nero. Per me.

È questa la Storia che ti dovevo.

Di come tutto succede nel tempo dell’infanzia, e dopo non c’è rimedio.

Quel film è un bianco e nero perfetto, per sempre.

Questo.

Questo dovevo dirti quella mattina d’ottobre, te lo ricordi il sole? Ricordi quei banchetti di libri usati?

E in un angolo una pila di libri nuovissimi, mai toccati, dal titolo assurdo –La Regina d’Africa ovvero come sono finita in Africa con Bogart, Bacall e Huston e per poco non ho perso la ragione – di Katharine Hepburn.

Ricordi?

Io ricordo le tue mani a toccarli, e dentro l’Africa, e i sorrisi e le foto di scena del film, bellissime, di un bianco e nero smagliante. Ricordo che avrei voluta raccontartela questa storia, lì in quel momento, al sole, per sempre.

Tutto quello che ho saputo fare, invece, è stato di comprare due copie di quel cazzo di libro. Una a testa.

Avevo un debito, quindi. Te la lascio qui questa Storia, per quel che vale, ormai.

…La Regina è ancora viva e così Betty e Peter e io. Spiegel non è più. John non è più. Bè cosa supponete che sia accaduto a Charlie e Rosie? Dove avranno deciso di vivere? Saranno restati in Africa? Penso di sì. Hanno avuto tanti piccoli Charlie e tante piccole Rosie. Hanno vissuto felici e contenti perché è quello che tutti noi volevamo. Ogni estate fanno un bel viaggetto sulla vecchia Regina e ridono ridono ridono…

queen