E’ la stagione dei girasoli, e allora, non ci si può nemmeno stupire di uno che nasce in mezzo all’asfalto?
Ha la faccia triste quest’uomo, mezzo metro più in là del campo e dei propri fratelli, che chiama fratelli, che sente fratelli, che -fratello -, però, è una parola rossa, come uno sputo di sangue se appena ti arriva alle punte delle scarpe e non ha il coraggio, sì, il coraggio, di guardarti negli occhi.
Non dirlo pudore, sarebbe un’offesa a quel sangue.
Ha la testa china quest’uomo, altro che sole, e aspetta che piova.
E’ convinto di non avere paura, lui, della pioggia, l’idiota.
Che piove sempre dal basso su chi mostra la nuca al cielo.
L’ombrello ce l’ha, ma lo tiene nascosto nel buco del culo, come ogni cosa che esiste, ed esistendo procura dolore, come l’amore, dio, l’amore, e la vergogna di dire che ci si può riparare, se serve, ma soprattutto di dire che forse non serve tutte le volte, escludendo una successiva, che magari è la stessa, solo rivista.
Ah.
L’altro giorno parlava a qualcuno, ma era da solo:
"Del mio sogno a grandi vetrate e terrazza d’angolo un buon fotografo ne avrebbe fatto punta di freccia a fendere il cielo, io posso solo dire che sognavo una casa e la sognavo con te.
Ma tu che indossavi le storie come lentiggini che nascono al sole, occhi un po’ in croce sulla croce più fresca, e ben scritto sulla pelle ogni passato, e guardando il cielo aprivi le braccia al colore più bello, il blu, quello che chiamavi libertà, hai appallottolato il sogno e la foto, e me."
Ha fatto bene, ho pensato, ci vogliono i coglioni per certe faccende.
Ma forse non era nemmeno ieri, forse era un anno fa, ma non ha nessuna importanza, sempre stagione di girasoli era.
Solo che mi è venuta voglia di fare una zigzagata e di prenderlo sotto, di brutto, e invece mi sono fermata e ho detto così:
"Cosa credi, dimmi, che ogni tanto mi prenda da dentro un circo ed itinerando vada in giro a raccattare gli occhi per farne collezione da mettere sul comodino a garantirmi sogni belli, blu, castani o verdolini? No, non me ne frega un cazzo di nessuno, ché io sogno in biancoenero, ma quando sto sveglia vivo, v-i-v-o, understand?".
Ha tirato fuori dalla tasca un foglietto spiegazzato dove c’era scritto – Sorriso -, o forse c’era scritto – Vaffanculo -, non ho nemmeno visto bene, perchè c’era scribacchiata anche qualche firma, tipo guestbook.
E no, e no, e no, fammi il sacrosanto piacere.
Ma forse non era nemmeno l’anno scorso, sarà l’anno prossimo, tanto è piantato lì nell’asfalto, ci passerà un altro inverno, per stupire ancora di più.
E – Oh – è l’unica cosa da dire, anzi da pensare, tanto pioverà, cazzo se pioverà, ed è meglio prenderla tutta, in faccia.
E’ stagione di girasoli, a quell’uomo qualcuno dovrebbe dirglielo però, qualcuno di quelli che gli lustrano il giallo di plastica, con le mani di plastica.
Io ci ho provato, ma dev’essere stato durante la prima stagione, quando aveva ancora profumo, il suo su tutti, che stava mezzo metro più in là, appena mezzo metro.
I girasoli non hanno profumo? Cazzate.
E’ che a dirli belli, solo belli, ci vuole meno coraggio, e meno coglioni.

theone